…cantano il suono del proprio corpo e vagano leggere nei vuoti dei miei spazi.  
Eppure la materia che le compone è ferma, compatta, pesante.
Tinte e contrasti le avvolgono per darci incanto agli occhi e di spine, petali, uncini e ventose si animano per fingersi realtà del mare e della terra mentre riflettono d’alieno, mutanti, senza specie né sesso.
Sono le mie Creature.
Nate, forse inconsciamente, da ricordi velati d’ingenue e selvagge passeggiate terracquee che regalano gioielli di natura da scoprire nelle forme e nei colori e intriganti movimenti di strani esseri che sfuggono al tatto, vivono.
E le formo senza un disegno, d’istinto, come quando da bambino con la cera delle candele plasmavo figure senza identità, di belle linee e i colori intorno.
L’argilla cotta è la loro sostanza primaria, policroma e cangiante, d’oro, d’argento.
Ora affermano la volontà di concretarsi in altre materie per dominare e invadere nuovi spazi e sognano l'incarnarsi nella figura dell’uomo…
Adriano Radeglia

  Questo spazio nasce dalla volontà di documentare l’origine, il percorso e l’evoluzione delle Creature.

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Una bassa marea che ha lasciato scoperte le meraviglie dei fondali di una barriera cristallina, questa è la sensazione che si potrebbe avere osservando i preziosi segni d’arte di Adriano Radeglia.
Ma anche di trovarsi davanti a piccoli tesori rubati alla terra, come dice lui, e al mare della Puglia che sin dalla prima infanzia ha esercitato il suo fascino magnetico infondendo al suo spirito l’armonia del colore puro e della bellezza insita in ogni forma vivente plasmata dalla natura.
Ed è con umile rispetto che la sua arte si fonda proprio sull’emulazione della grande artista, maestra creatrice di forme perfette, emblema ed obiettivo per chi sente di doversi esprimere attraverso l’arte.
Così le sfumature e i paesaggi della calda e solare regione bagnata da due mari, sono la fonte alla quale attinge la scultura di Radeglia, piccoli emblemi e metafore di vita alle quali l’artista conferisce forme bizzarre, grottesche, capricciose, quasi aliene.
Fissate nella terracotta eppure cariche di dinamismo, elemento sapientemente preservato insieme alla fantasia e l’inventiva, le creature di Radeglia acquistano vita coprendosi di oro, argento, colori vivi o vitrei, o ancora immergendosi in lineamenti di natura.
Petali amorfi, corolle e spine, intriganti aculei che danno l’impressione di potersi ritrarre al contatto con un dito, evocano vita e, attraverso gli occhi riproducono il profumo stesso del luogo da cui provengono, accompagnato dalla sensazione di riconciliazione totale dell’uomo con l’anima mundi, in un gioco privo di uniformità e regole.
Proprio come quei giochi infantili che tanto gli piacevano, quando modellava la cera delle candele forgiando forme strane e di pura fantasia, con la stessa ingenuità, in un gesto forse involontario, sono nate le sue creature dal cuore spinoso, quasi a proteggere la sua purezza e quell’animo infantile, attraverso aculei che non feriscono, ma si piegano alla forza dell’amore e della sincerità.
Alessandra Del Vecchio



La scultura di Adriano Radeglia nelle più recenti prove, che l’autore denomina “creature”, trova la sua collocazione estetica nell’ambito delle ricerche plastiche che hanno caratterizzato, fino ad oggi, gli anni successivi all’”informale”.
La serie di “creature” si connota per un potente impianto volumetrico globale, articolato e sviluppato in strutture conoidi che racchiudono e aprono masse e spazi, luci ed ombre.
L’argilla, che le costituisce, con la sua essenzialità e nobiltà, concorre, insieme al colore, declinato con valenza strutturale, al raggiungimento di significati che trascendono la dimensione razionale perché derivanti dall’attribuzione delle opere a mondi e realtà ambigue e misteriose.
Architetture complesse dunque, che rimandano alle forme che la natura costruisce, senza per questo costituirne la replica, e che possiedono la forza di trascendere la fisicità per vivere nell’atemporalità dell’arte.
Giovanni Alfonsetti



Come nasce una forma vivente? Come si rigenera? Di cosa ha bisogno? Cosa leva e cosa offre il suo corpo? Quali relazioni disegna e a quale scopo? Qual è il suo respiro? E i suoi sogni? Come si muove? Quali sono i suoi appetiti, le paure? Ama?
Mi è difficile raccogliere tutte le dimensioni, le vite, gli sguardi, le domande che bruciano dentro il sangue e le opere, la ricerca di Adriano Radeglia.
Sono le sue “Creature” a narrarsi da sè: lapilli commossi, entità volitive che cantano pre-visioni remote; unità prime socialmente autonome che affondano in giacimenti dinamici di senso espanso e crudo dissolto in un lontano, quanto comune, dubbio genetico. Trattengono, spesso, e sputano, tracciano f-orme e rivoluzioni tortili collassando, risacca rigenerativa, in atlanti cosmogonici circolari. Passaggi.
Aiutano a nascere.
...affiorano dubbi tentacolari curiosi e ossessioni puntute, eliche, biologie d’anima ed echi modulari di corpi primigeni persi nella gestazione di anatomie madri lunghi viaggi metamorfici.
Scelgono, le Creature, precarietà ed errore come costituzione e fondamento evolutivo di un continuo salto nel vuoto.
Vertigine.
Danzano, sparse, per staccarsi dalla materia che le ha partorite e disegnarsi nella luce, tiepide. Cristallizzano in glissati. Riverberano prossimità. Fermentano in stupore organico.
Meraviglia infinita.
Suoni in giro che bussano alle porte di chi dorme.
Antonio Esperti


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